27 dicembre 2015

ilcosmo.net - il mio primo articolo

Pubblico oggi quattro raccontini che rappresentano il mio esordio come scrittore. 

Era il 29 maggio 2009 ed in tale data uscì il primo numero della rivista. Ricordo ancora la prima pagina con la foto del radiotelescopio di Medicina, luogo che avevamo visitato il 25 febbraio quando la nostra prima figlia non aveva ancora compiuto 6 mesi.

Decisi di iniziare questa avventura con un esercizio non facile: condensare quattro storie storie in due pagine di un foglio A4, possibilmente anche includendo una foto. Le storie avrebbero raccontato fatti veramente accaduti; io avrei aggiunto le sensazioni che provai quando ne venni a conoscenza: meraviglia, stupore, ammirazione e senso di sgomento e ed irrilevanza davanti al grande spettacolo della natura.


La prima storia si intitola "La bandiera Americana sulla Luna"

Tutti noi abbiamo visto (o quantomeno abbiamo sentito parlare) del primo uomo sbarcato sulla Luna. Tutti noi conosciamo quanto gli americani ci tengano alla propria bandiera . Forse però solo in pochi conoscono le disavventure in cui incapparono i primi astronauti proprio con la loro beneamata stars and stripes. Data: 20 luglio 1969. L’uomo arriva sulla Luna. Uno dei primi compiti una volta scesi fu quello di aprirla e piantarla a terra. Gli astronauti non si erano allenati a farlo e ciò si rivelò un compito molto più difficile del previsto. 
Il suolo lunare era molto più duro di quanto avessero preventivato e questi poveri astronauti fecero una gran fatica ad infilare l’asta nel terreno anche di pochi cm!
L’asta orizzontale che aveva il compito di tenere la bandiera aperta (sulla Luna non c’è atmosfera per cui tale asta è necessaria) non si aprì del tutto. Data: 14 novembre 1969. L’equipaggio dell’ Apollo 12 (la seconda missione a scendere sulla Luna) aveva con sé un martello in modo da riuscire a piantare la bandiera meglio e più rapidamente. Fu inoltre cambiato il design del palo che doveva entrare nel terreno: adesso era più appuntito. In effetti la bandiera fu piantata senza problemi ma il perno dell’asta orizzontale era rotto. Nella foto di rito si vede il povero astronauta che deve sorreggere la bandiera americana.


Il secondo racconto si intitola "Questione di misure"

Marte è da sempre uno dei pianeti più affascinanti del nostro sistema solare; abbiamo da sempre pensato ci potesse essere la vita. Nel 19-mo secolo c’era ancora chi sosteneva che i canali scoperti da Schiapparelli fossero opera di esseri intelligenti, i marziani appunto. Verso la fine degli anni 90 del ventesimo secolo, ci fu un risvegliato interesse verso il pianeta rosso. Si pensava di poter trovare acqua su Marte e la tecnologia era matura per darci tali importantissime risposte. Furono organizzate molte missioni, tra cui il Mars Climate Orbiter che doveva monitorare la meteorologia del pianeta. L'11 dicembre 1998 la sonda parte da Cape Canaveral. Il 23 settembre 1999 viene ricevuto a terra il segnale che sono stati accesi i motori per il suo inserimento in orbita. E’ il momento più critico della intera missione. La sonda passa dietro al pianeta e quando riemerge deve avvisare che tutto è andato liscio e che dunque è correttamente in orbita intorno a Marte. Passa mezz’ora, ma nessun segnale arriva a terra. Dopo un giorno di ascolto, il centro di controllo dichiara che la sonda è definitivamente persa. 
- Denver, ricevete il segnale della sonda? 
- Ancora nulla purtroppo. 
- A che altezza la sonda è entrata nell’atmosfera? 
- 57 signore 
- 57 cosa? 
- Miglia, naturalmente. 
- Qui alla Nasa noi misuriamo tutto col sistema metrico decimale! Quelli sono Km! La sonda è troppo bassa e si è bruciata nell’atmosfera! 
La sonda fu persa perché la Lockheed Martin, costruttrice della sonda, aveva calcolato alcuni parametri con il sistema metrico britannico, mentre il resto del software di navigazione usava il sistema metrico decimale. Se esistessero, i Marziani la notte del 23 settembre 1999 avrebbero visto una stella cadente da 125 milioni di dollari attraversare il cielo stellato. Uno spettacolo indimenticabile… 


Il terzo racconto è "Serendipity"

Una fiaba persiana, intitolata “I tre principi di Serendip” narra le avventure dei figli di un grande re, Giaffer. Su Marte da gennaio 2004 è presente un robot, Spirit, con lo scopo di analizzare le rocce del pianeta e trovare prove che nel passato ci fosse acqua allo stato liquido, e dunque un ambiente adatto a microrganismi alieni. Passano gli anni, il rover analizza un sacco di rocce, ma di prove neanche l’ombra. I figli di Giaffer furono educati dai più grandi saggi del tempo; non avevano però alcuna esperienza. Giaffier li allontana dal regno affinchè apprendano “con l'esperienza quello che colla lettione de' libri e disciplina de' precettori s'erano di già fatti padroni”. Durante il loro cammino incontrano un uomo disperato per aver perso il suo cammello. I tre non hanno visto l’animale ma, per burlarsi dell’uomo e compiacersi della loro intelligenza, gli dicono che l’hanno visto da poco. Per convincerlo affermano che il cammello portava da un lato miele e dall'altro burro, e una donna gravida. L’uomo non trova il suo cammello ed accusa di furto i giovani, che finiscono in galera. Dopo 3 anni una delle ruote del rover si blocca e scava solchi nel suolo marziano. Uno degli ingegneri a terra nota qualcosa di insolito in una foto che per caso inquadra la traccia del rover zoppo: la ruota bloccata ha rotto la scura crosta rossastra mettendo in evidenza tracce di luminosa e brillante silice! Ciò significa un passato di fumarole e sorgenti di acqua calda, ovvero l’habitat perfetto per la formazione di vita batterica. Una grandissima scoperta! Il cammello viene ritrovato per caso ed i giovani sono scagionati e rilasciati. Come abbiano fatto ad immaginare tutti quei particolari di un cammello che non avevano mai visto lascia tutti di stucco e diventano i consiglieri del re. Serendipity è quella capacità dei grandi scienziati di approfittare della fortuna e del caso per fare gradi scoperte. Solo il caso ha voluto che il cammello fosse ritrovato e che la foto fosse scattata ma, senza l’intelligenza e l’intuizione, i figli di Giaffier non sarebbero diventati consiglieri del re, e non sarebbe stata scoperta una sorgente di acqua calda sul pianeta rosso. 


Il quarto ed ultimo racconto è "Come muoiono le stelle"

Spazio remoto, circa 7000 anni fa. Una stella di grandi dimensioni esaurisce il combustibile e muore in un ultimo gigantesco lampo di luce, espellendo nello spazio grandi quantità di gas a velocità prossime a quella della luce. 
Chaco Canyon, New Mexico, estate del 1054 d.C. Una stella sconosciuta viene dipinta a fianco della Luna da un pittore Anasazi.   

Parigi, 28 agosto 1758. Charles Messier, astronomo francese, 27 anni dopo John Bevis riscopre una nebulosa, denominata poi nebulosa del granchio. Da questo oggetto, Messier iniziò a redarre il primo catalogo di oggetti diversi dalle stelle. Tale catalogo è ancora molto usato dagli astrofili in quanto raccoglie oggetti molto brillanti e facili da osservare anche con telescopi amatoriali. Arecibo, 9 Novembre 1968: Viene scoperta una pulsar al centro della nebulosa del granchio. La pulsar è quello che resta di una stella dopo che ha terminato la sua vita. Si è così scoperto che gli Anazasi hanno rappresentato quello che hanno effettivamente visto nel cielo dell’estate 1054: un oggetto così luminoso da essere visto per quasi un mese anche di giorno e per due anni durante la notte. Questo oggetto era l’ultimo lampo di vita di una stella morta circa 7.000 anni fa. 

Solo negli ultimi anni, grazie al telescopio Hubble siamo riusciti a penetrare in profondità nella coltre di gas interstellare ed a rivedere i resti di una anziana stella. 

14 dicembre 2015

Dobble e le geometrie non euclidee

Questo Articolo è stato pubblicato sulla rivista "ilcosmo" Anno 6 – N° 1 - 1/03/2014
Per ulteriori approfondimenti, consultare il sito http://www.ilcosmo.net

Cosa possono avere in comune il gioco di carte per bambini “Dobble”e le geometrie non euclidee?


La risposta alla domanda sarà piuttosto articolata. Inizieremo con la storia del gioco poi ne descriveremo le regole, infine andremo a scoprirne le proprietà matematiche.


La storia di Dobble
Dobble è la versione italiana del 2012 di un gioco di carte ideato nel 2009 con il nome di “spot it!”. Gli ideatori di spot it! sono francesi: Denis Blanchot e Guillaume Gille-Naves. La grafica del gioco è stata curata da Igor Polouchine.
Come purtroppo accade spesso in questo mondo, sembra proprio che l’idea originale non sia stata loro, ma di un certo Reinhard Staupe. Questo simpatico signore tedesco aveva inventato nel 1995 un gioco analogo, denominato “catch the match” e si arrabbiò molto quando uscì Dobble.


Gli editori di Dobble (Asmodée e Play Factory) non hanno mai riconosciuto il lavoro di Reinhard, che in questa lettera aperta mostra tutto il suo risentimento.
http://digilander.libero.it/tempoblu/dobble/staupeOLen.pdf
Qui la risposta della Game Designer Association:
http://digilander.libero.it/tempoblu/dobble/2010-11-26-SAZ-Reply.pdf


Ma adesso è il momento di mettere da parte i contenziosi tra creativi; passiamo a descrivere Dobble.


Cosa contiene la confezione
Dobble è un gioco nel quale contano molto il colpo d'occhio e la velocità nel confrontare simboli. Si compone di 55 carte di forma rotonda racchiuse in una pratica confezione di metallo. Su ogni carta sono disegnati 8 simboli diversi. Ogni simbolo è di un colore particolare. La caratteristica notevole è che prendendo due qualunque carte a caso dal mazzo, queste avranno uno ed un solo simbolo in comune (stessa forma e stesso colore; solamente la dimensione può essere diversa).


Questa peculiarità mi ha incuriosito un sacco: quali regole matematiche soggiacenti sono servite per costruire un tal gioco? Non vi risponderò subito, dovrete pazientare fino alla seconda parte di questo articolo. Adesso intendo descrivere i 5 mini-giochi che sono stati pensati dall’autore a partire da questo set così particolare di carte.


Indipendentemente dal tipo di gioco, vince chi è più rapido a trovare il simbolo identico tra due carte e nominarlo a voce alta.


Nel regolamento vengono suggerite le regole per 5 mini-giochi:
  • La torre infernale
  • Il Pozzo
  • La patata bollente
  • Prendile tutte
  • Il regalo avvelenato


La torre infernale: si distribuisce una carta ad ogni giocatore a faccia in giù. Al centro del tavolo si mette un mazzo composto dalle carte restanti tutte belle impilate a faccia in su.
Al via ogni giocatore gira la propria carta e cerca l'immagine in comune con quella centrale. Se la trova prima degli altri dice qual è l’immagine comune e prende la carta mettendola sopra la propria. Tale carta diventa la propria nuova carta da confrontare con quella la centro del mazzo. Alla fine vince chi ha più carte.




Il Pozzo: Viene posta una carta al centro a faccia in su. Le restanti vengono distribuite tra i giocatori a faccia in giù in modo che ogni giocatore riceva un numero uguale di carte (se avanzano delle carte, queste vanno semplicemente scartate). Al via ogni giocatore gira il suo mazzo a faccia in su. Il primo che trova il simbolo comune tra la propria carta e quella al centro dice qual è il simbolo e mette la sua carta al centro, scoprendo così la propria carta successiva. Il primo giocatore che termina il suo mazzo vince.


La patata bollente: Ad ogni manche ogni giocatore riceve una carta con la faccia in giù. Al via gira  la sua carta a faccia in su contemporaneamente agli avversari e cerca di trovare il simbolo comune con uno degli altri giocatori. Quando l’ha trovato lo dichiara e mette la propria carta sopra a quella dell’avversario (o quelle, nel caso in cui altri giocatori gli abbiano già rifilato le loro carte).
Alla fine della manche un giocatore avrà in mano tutte le carte degli avversari, e le metterà da parte. Si ripete il gioco fino a quando non sono terminate le carte da distribuire. Chi ha accumulato meno carte vince.


Prendile tutte: ad ogni manche si posiziona una carta a faccia in su al centro del tavolo ed attorno a quella carta tante carte a faccia in giù quanti sono i giocatori. Le carte rimanenti verranno usate per le manches successive.
Al via, ciascun giocatore gira contemporaneamente una delle carte attorno alla carta centrale. I giocatori devono trovare il simbolo identico tra la carta centrale ed una qualunque tra le carte che sono appena state rivelate. Appena un giocatore trova il simbolo identico, lo nomina, prende la carta in questione e la aggiunge a quelle da lui conquistate (attenzione: non si deve mai prendere la carta centrale). Quando le carte rivelate sono state tutte prese, i giocatori mettono la carta centrale in fondo al mazzo di pesca e iniziano una nuova manche. I giocatori continuano ad accumulare le carte ottenute.
Quando non ci sono più carte da pescare, il gioco termina e il vincitore è il giocatore
che è riuscito a prendere il maggior numero di carte.




Il regalo avvelenato: Ad ogni manche ogni giocatore riceve una carta con la faccia in giù. Al centro del tavolo si mette un mazzo composto dalle carte restanti tutte belle impilate a faccia in su. Al via, i giocatori girano le proprie carte a faccia in su. Ogni giocatore deve individuare il simbolo identico tra la carta di qualsiasi altro giocatore e il mazzo di pesca. Il primo giocatore a trovare un simbolo identico lo nomina, prende la carta centrale e la piazza sopra la carta del giocatore coinvolto. Prendendo questa carta, una nuova carta viene rivelata. Il gioco termina quando tutte le carte dal mazzo di pesca sono state prese e assegnate. Vince chi ha ricevuto meno carte dagli avversari.




Il gioco è veramente divertente, facile da imparare e cattura l’attenzione dei bambini già a partire dai 4 anni (l’ho provato personalmente con le mie figlie durante le vacanze di Natale e devo ammettere che ci siamo divertiti tantissimo).


Ai seguenti link potrete trovare altre due recensioni del gioco:


L’idea di base è talmente semplice ed efficace che il gioco ha meritatamente ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui:
  • 2010 Lys Enfant Finalist
  • 2011 Gouden Ludo Nominee
  • 2012 Hra roku Nominee
  • 2012 Japan Boardgame Prize U-more Award Nominee
  • 2013 Ludoteca Ideale Children's Games Winner


Ne sono state fatte anche versioni per bambini più piccoli, con meno simboli su ogni carta:


E’ pure disponibile una versione online del gioco.


Da questo momento entriamo nel vivo della questione (nota: ho preso largamente spunto da questo notevole post in lingua francese:  http://images.math.cnrs.fr/Dobble-et-la-geometrie-finie.html)


Evidentemente, se durante il gioco la carta  al centro o quella del mio avversario non avesse nessun simbolo in comune con la mia carta, io sarei molto svantaggiato. Allo stesso modo, se un giocatore si trovasse ad avere non una ma due carte in comune, per lui sarebbe molto più facile individuare un simbolo; anche questa sarebbe una grossa ingiustizia!
Il principio che deve sempre essere rispettato è dunque il seguente: due carte qualunque devono avere uno ed un solo simbolo in comune.
Alle scuole superiori ci hanno insegnato che per due punti passa una ed una sola retta. Sarà questa la caratteristica utilizzata dai creatori di Dobble? Vedremo che è proprio così, ma scopriremo anche che il cammino verso tutte le sfaccettature matematiche nascoste in un gioco che fa divertire anche bambini di 4 anni ci porteranno ben più lontano.


Cosa è la geometria euclidea? E’ quella che si studia a scuola quando si immagina una superficie piana e, partendo da cinque assiomi (proprietà di buon senso vere per ipotesi e dunque non dimostrabili) si indagano le proprietà di rette, segmenti e figure geometriche che giacciono su tale piano.


Nella stesura degli Elementi, l’opera di formidabile razionalizzazione della matematica ellenistica, Euclide enuncia cinque postulati:
  1. Tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una e una sola retta.


  1. Si può prolungare una retta oltre i due punti indefinitamente.
  2. Dato un punto e una lunghezza, è possibile descrivere un cerchio.
  3. Tutti gli angoli retti sono uguali.
  4. Se una retta taglia altre due rette determinando dallo stesso lato angoli interni la cui somma è minore di quella di due angoli retti, prolungando indefinitamente le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove la somma dei due angoli è minore di due angoli retti.


Ok, ma tutto questo cosa c’entra con Dobble? Seguitemi, e ci arriveremo.


Possiamo pensare che ogni simbolo di Dobble sia la rappresentazione di una retta. Le carte possono essere immaginate come i punti per cui passa la retta. Invece di dire che una carta contiene un simbolo, potremmo dunque affermare che il punto (rappresentato dalla carta) appartiene alla retta (rappresentata dal simbolo).


Nella figura seguente viene mostrata l’equivalenza tra le due affermazioni: la retta è rappresentata dal simbolo del senso vietato ed i punti sono intesi come i luoghi ove si incrociano le rette.
Vi potrà sembrare un paragone tirato per i capelli, ma abbiate pazienza e vedrete che ci porterà lontano.


Il passo successivo è quello di verificare che i punti sul piano euclideo possono essere identificati da numeri e le rette da semplici equazioni di primo grado. Per farlo, basta disegnare sul piano due rette perpendicolari orientate, una orizzontale e l’altra verticale. La retta orizzontale la chiamiamo ascissa e quella verticale ordinata. Il punto dove si incontrano lo chiamiamo origine e su ciascuna di esse fissiamo un'unità di misura.


Il punto viene identificato da una coppia di numeri (es: 2, 3)
Le rette vengono identificate da equazioni di primo grado (y=a*x+b, dove a e b sono numeri).
Riassumendo: i punti sono definiti da coppie di numeri e le rette da equazioni che fanno uso solo di addizioni e moltiplicazioni.


Da quanto detto fino ad ora ci basta trovare un sistema di numeri che ci permetta di fare addizioni e moltiplicazioni aggiungendo la caratterisca che sia finito (ovvero composto da un numero finito di punti). Con queste premesse potremo stampare sulle nostre carte-”punto” i nostri simboli-”retta” ed avremo ottenuto il gioco di Dobble.
Per capire come costruire il Dobble vero e proprio partiamo da una versione ridotta con molti meno elementi. Iniziamo dal sistema più semplice possibile: quello nel quale gli unici valori ammessi in ascissa e ordinata siano 0 e 1.
Definiamo le operazioni di somma
0+0=0
0+1=1
1+0=1
1+1=0 (ricordiamo che gli unici valori ammessi sono 0 e 1)


Definiamo le operazioni di prodotto:
0*0=0
0*1=0
1*0=0
1*1=1


In tale piano finito, discreto ed (ancora per poco) euclideo esistono dunque
solamente 4 punti e solamente 6 rette.
I punti sono (in coordinate cartesiane x,y): (0,0) (0,1) (1,0) e (1,1)
Le rette sono:


  • la retta verticale x=0 (composta dai punti 0,0 e 0,1)  
  • la retta verticale  x=1 (composta dai punti 1,0 e 1,1)
  • la retta orizzontale y=0 (composta dai punti 0,0 e 1,0)
  • la retta orizzontale y=1 (composta dai punti 0,1 e 1,1)
  • la retta obliqua y=x (composta dai punti 0,0 e 1,1)
  • la retta obliqua y=x+1 (composta dai punti 0,1 e 1,0)


Se associo ad ogni retta un simbolo (es: y=0 è la goccia, y=1 è il quadrifoglio, x=0 sono le picche, x=1 è il cuore, y=x è la margherita, y=x+1 è il cuore) posso creare un gioco di Dobble con 4 carte-”punto” e 6 simboli-”retta”, come esposto in figura. Ogni punto appartiene a tre diverse rette, quindi su ogni carta sono stampati 3 simboli.
Potete verificare voi stessi che prese due qualunque delle 4 carte, queste hanno uno ed un solo simbolo in comune (che è l’equivalente del postulato euclideo che per due punti passa una ed una sola retta).
Nota: la retta cuore e la retta margherita NON si intersecano. Ricordiamoci che abbiamo costruito un sistema discreto e, dato che nessun punto appartiene a entrambe le rette, queste non si incontrano; è solo un’illusione data dal disegno. Le rette identificate dalla margherita e dal cuore sono in questo sistema di riferimento parallele!


E’ venuto il momento di rompere il quinto postulato di Euclide. Per essere più precisi spezzeremo una versione piu restrittiva del V postulato, detto assioma di Playfair. Tale assioma nella tradizione didattica moderna sostituisce il quinto postulato, anche se le due assunzioni non sono equivalenti.
In ogni caso l’assioma di Playfair dice che:
  • Data una qualsiasi retta r ed un punto P non appartenente ad essa, è possibile tracciare per P una ed una sola retta parallela alla retta r data.
Nota: quello di Playfair è un assioma più restrittivo, che implica quello di Euclide (Se è vero Plafair allora è vero il V postulato di Euclide), ma non ne è implicato. Esistono teorie geometriche nelle quali il postulato di Euclide è vero e quello di Playfair falso.


A cosa serve negare il quinto postulato di Euclide? Semplice, a ipotizzare che rette parallele in realtà si incontrino all’infinito… d’altronde chi mai è arrivato a guardare cosa succede veramente all’infinito??!?
Ciò premesso, possiamo aggiungere al nostro gioco di carte un altro simbolo-”retta”, quello della retta all’infinito. Tutte le rette tra loro parallele (ovvero con la stessa pendenza) si incontreranno in uno stesso punto appartenente alla retta all’infinito. Nel nostro sistema di riferimento la retta all’infinito è composta da tre punti, dunque abbiamo 3 ulteriori carte che si aggiungono al nostro Dobble semplificato (per un totale di 7 carte).
Si può verificare che anche in questo caso rimane valida la particolarità di Dobble, ovvero che prese due qualunque delle 7 carte, queste hanno uno ed un solo simbolo in comune (il primo postulato euclideo che recita che per due punti passa una ed una sola retta non è stato e non verrà messo in discussione). Questa costruzione geometrica è nota anche come piano di Fano http://it.wikipedia.org/wiki/Piano_di_Fano


Possiamo rappresentare le stesse carte numerandole, ad esempio in questo modo:


Avremo dunque (considerando che le carte 5,6 e 7 sono punti all’infinito):


Adesso siamo pronti per il grande salto, da un Sobble “baby” con 7 carte e 7 simboli a quello vero, con più di 50 carte e più di 50 simboli. Il vero Dobble si costruisce in maniera analoga, usando invece che due soli numeri (0 e 1) un sistema di 7 numeri, con tavole di addizione e moltiplicazione del tutto simili.
Per semplicità, invece di definire le addizioni e le moltiplicazioni, passerò ad illustrare come costruire le carte numerando i 49 punti del nostro piano 7x7, aggiungendo poi i punti all’infinito ed elencando  a quali punto-”carta” appartiene ogni simbolo-”retta”.


Il nostro piano (punti all’infinito esclusi) è dato dai seguenti punti:
i punti all’infinito sono
50 per righe orizzontali
51 per salto di 1
52 per salto di 2
53 per salto di 3
54 per salto di 4
55 per salto di 5
56 per salto di 6
57 per righe verticali


Le carte saranno dunque così composte:










Dopo questa tremenda infornata di numeri, è venuto il momento di alcune riflessioni. La nostra costruzione matematica ha generato un gioco con 57 carte e 57 simboli, nel quale ogni simbolo è presente in esattamente 8 carte (ai matematici piace molto la simmetria...).
Dobble invece ha solo 55 carte, il povero pupazzo di neve compare solo 6 volte invece di 8, ed è in compagnia di altri 14 simboli che compaiono solo 7 volte invece di 8.
Nota: la versione ad alta risoluzione della foto si può trovare qui:


Chi conosce questa asimmetria può avere un leggero vantaggio nei confronti di chi non la conosce: cercando i simboli in comune con il mio avversario non partirò certo dal pupazzo di neve!
Perchè non sono state stampate due carte in più? Non lo so, e credo che sia un vero peccato. Meno male che non era questa la domanda impossibile!


Concludo l’articolo con una frase del grande Poincarè (fonte: http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/POINCARE_%20SULLA%20NATURA%20DELLA%20GEO.htm):
Una Geometria non puo` essere piu` vera di un’altra; puo` essere solamente piu` comoda.
Ora la Geometria Euclidea e` e restera` piu` comoda.


È proprio vero che non si può fare una classifica "di verità" tra le geometrie, ma sul secondo punto a mio parere Poincarè si sbagliava: la geometria non euclidea ci ha permesso di creare più carte nel gioco di Dobble, ma ha anche altre applicazioni meno ludiche ma molto più importanti.